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Napoli, 23 settembre

invito napoli

Sindaci e imprenditori: il contributo della cultura d’impresa alla politica del territorio

Intervengono, con l’autore: Giovanni Lettieri (presidente Unione Industriali di Napoli), Giuseppe Civati (consigliere PD Regione Lombardia), Andrea Romano (direttore Italia Futura), Claudio Velardi (imprenditore)

Modera: Marco Demarco (direttore Corriere del Mezzogiorno)

Napoli, Unione Industriali, piazza dei Martiri 58

La mezza verità di Brunetta

Anche su LibMagazine in e-dicola oggi, insieme alle rubriche Speakeasy di Michael Mazzei e Nic’s Pics di Nicola Scardi, e dove Ettore Panetti scrive di crisi finanziaria, Monacella e Cangiano intervistano Claudio Velardi su Roberto Saviano, Antonello Guerrera racconto il rush finale delle elezioni americane, Ivres Taverni commenta la manifestazione del PD; con lo spazio culturale di Barbara Mella e Giordano Lupi e la vignetta di Ciro Monacella.

Gli intervistati per Sindaco Spa sostengono che gli impiegati comunali sono poco propensi al rischio e scarsamente aperti al cambiamento. Molto meno dei loro operai, dicono. Questa sensazione complessiva di un grigio conformismo è però disarticolata da una lunga serie di apprezzamenti. Un sindaco racconta di avere cambiato la sua idea pregiudiziale dopo avere constatato che i funzionari vanno in ufficio al sabato mattina, fuori orario, spontaneamente, senza alcuna sollecitazione, a portare a termine lavoro urgente. Un altro si trova a confortare i propri collaboratori alle nove di sera perché, sempre spontaneamente, non mollano la scrivania per finire il resoconto di un’iniziativa.

Non si tratterebbe di casi isolati ma di una diffusa disponibilità che si attiva e concretizza quando si percepisce una guida in grado di dare un senso al lavoro, di raggiungere risultati importanti per la collettività, per i quali insomma valga la pena darsi da fare. Mi chiedo se questi sindaci, piacevolmente stupiti e felici di potere smentire il luogo comune sul fannullonismo dei dipendenti pubblici, non siano essi  stessi artefici o almeno promotori di questo risultato. Se cioè non abbiano in sé le qualità che qualsiasi lavoratore, impiegato, funzionario, si aspetterebbe da chi ne dirige l’operato: la capacità di produrre senso, di conferire una finalità e un significato compiuti al lavoro quotidiano, rendendone consapevoli tutti coloro che sono coinvolti nel raggiungimento di uno scopo.

Le mele marce in senso stretto ci sarebbero ma, a sentire gli imprenditori-sindaci, che possono fare un confronto con cognizione di causa, in misura paragonabile a quella registrata in azienda. La differenza risiederebbe piuttosto nel fatto che in azienda l’imprenditore può prendere provvedimenti mentre nell’amministrazione comunale la sua capacità d’intervento sarebbe molto ridotta. Dice il primo cittadino di un comune campano: “Lo Stato ti fa correre come candidato sindaco, facendo appello alle tue capacità, per delegarti la gestione di una macchina amministrativa. Poi però ti obbliga a gestirla con il personale che ti ha lasciato.”

Uno laziale non risparmia i sindacati “che hanno garantito tutto e tutti, anche quando gli imprenditori denunciavano un sistema marcio, malato. Pur di avere il loro tornaconto in termini di consenso hanno garantito tutti”. Attenzione, non sono le dichiarazioni di un greve padrone delle ferriere, sono le parole di un sindaco di sinistra che ha un’azienda con 80 dipendenti e che mostra una consapevolezza profonda dell’evoluzione delle relazioni sindacali nel Paese: “C’è un vuoto, perché vanno tutelati gli interessi di tanti lavoratori che nel passato hanno realizzato conquiste importanti. Io non vorrei che i lavoratori diventassero di nuovo schiavi, perché noi sappiamo benissimo che ci sono imprenditori che rilasciano buste paga con un importo e poi al dipendente ne versano un altro; se lo fanno adesso che i lavoratori hanno tutte queste garanzie, cosa accadrebbe se le garanzie venissero meno? Come potrebbero difendersi?”

Bando ai luoghi comuni sul fannullonismo, quindi, ma tutte le parti in gioco sono oggi chiamate a una sfida di pragmatismo e apertura culturale per rimettere in  marcia la macchina burocratica nell’interesse generale: del resto, anche i dipendenti pubblici sono fruitori dei servizi dello Stato.